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Terrorismo e memoria: qual è il posto dei giornalisti?

In occasione del “Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo” interno e internazionale, Francesco Battistini sulle pagine del Corriere della Sera realizza una accorata analisi delle difficoltà da parte di molte di tali vittime ad ottenere dallo Stato i risarcimenti dovuti:
https://www.corriere.it/cronache/25_maggio_08/vittime-italiane-terrorismo-estero-risarcimenti-c8db5aa1-9579-418a-bae4-e5163ceadxlk.shtml?fbclid=PAQ0xDSwKJ0bFleHRuA2FlbQIxMQABp1iBFvgLIssmOJgr24cwPQWj0_fG1QXwKHeL7ZoY5GNGoyRW-Pcrkb0Wajk7_aem_NfNh44cjApCytiOGG8mxzg&refresh_ce
Come Volpi Scapigliate sottoscriviamo le sue parole, ma spingiamo il ragionamento un poco più in là relativamente ai giornalisti di guerra. Prendiamo spunto dalle parole dell’amico Gabriele Micalizzi, protagonista suo malgrado di uno dei casi citati dal Corriere, rigettato dal ministero dell’Interno perchè il razzo che lo ha ferito non costituisce reato di terrorismo:
“Ho fotografato la bandiera dell’Isis a cento metri da me. E davanti non avevo soldati di un esercito regolare, ma cinquecento armati dello Stato islamico. Tagliagole. Gente che organizzava attacchi nelle città europee. Io seguo da anni le guerre dei jihadisti: se questo non è terrorismo, allora ditemi voi del ministero che cos’è”.
Le parole sono importanti. Chi spara sui giornalisti commette un atto di terrorismo? O no?
Citando la Treccani, il terrorismo è “l’uso di  illegittima violenza, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività e a destabilizzarne l’ordine”. Nel diritto internazionale si tratta di “quei comportamenti individuali gravemente lesivi dei diritti umani fondamentali che si qualificano come crimini internazionali in base ai trattati in materia”: https://www.treccani.it/enciclopedia/terrorismo/.
Secondo noi attaccare la stampa libera è un atto di terrorismo, in quanto atto violento deliberato volto a minare le fondamenta della società civile. Ma non ne facciamo una questione semantica. O tra le vittime del terrorismo ci sono anche i giornalisti di guerra. Oppure oltre al terrorismo bisogna contemplare una fattispecie aggiuntiva, quella della violenza contro i giornalisti di guerra. E pazienza se si allungherà la dicitura di questo “Giorno della Memoria”.
Questa è un’urgenza del nostro tempo. Le parole sono importanti.

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Le Volpi Scapigliate al fianco di Cecilia Sala: la giornalista va liberata subito

Stiamo vivendo ore di apprensione per le sorti della giornalista Cecilia Sala, incarcerata da due settimane a Teheran senza alcuna motivazione formale. Sala è una professionista stimatissima che ha saputo raccontare con fedeltà e coraggio le realtà di cui è stata testimone, specialmente in teatri di guerra, specialmente in Medio Oriente.
Diverse fonti suggeriscono che lo scopo del regime iraniano sia politico, che si tratti cioè di un sequestro mirato ad ottenere uno scambio di prigionieri. Qualora le finalità fossero di questa natura per così dire pragmatica, ci teniamo a sottolineare che compiere un’ingiustizia ai danni di chi fa informazione libera non sia mai una buona idea e sia anzi controproducente per chi lo fa. Violare il racconto autentico dei fatti o chi lo fa mina la propria credibilità ed espone il fianco alla propaganda esterna.
Una lezione, questa, che ci ha ricordato la stessa Cecilia Sala quando nei giorni successivi al 7 ottobere faceva debunking delle notizie sui crimini commessi da Hamas, perchè sosteneva che fosse importante distinguere i fatti dalle voci per poter essere credibili nell’accertamento delle responsabilità.
Distorcere la realtà o colpire i giornalisti liberi significa contrarre un debito nei confronti della verità, che prima o poi si pagherà sotto altra forma. La stampa libera deve essere protetta da tutti, perchè conviene a tutti.
Nello stringerci intorno alla famiglia di Cecilia e nell’esprimere fiducia nei confronti delle istituzioni italiane al lavoro in queste ore, come Volpi Scapigliate vogliamo quindi associarci all’appello rivolto da Articolo21 all’ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri: https://www.articolo21.org/2024/12/chiediamo-lurgente-liberazione-di-cecilia-sala-lettera-aperta-allambasciatore-reza-sabouri/.
Speriamo davvero che le ore e i giorni portino consiglio

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I nodi dovranno venire al pettine

Il 24 maggio 2024 è stato il decimo anniversario della morte di Andy. Ma è stato anche qualcosa di diverso, qualcosa di più. 

Il silenzio assordante dei media è stato il solito, anzi, pure peggio. Non si è vista la RAI, pochi della carta stampata. I pezzi grossi non si prendono la briga di invischiarsi in una storia così imbarazzante da raccontare.

Quelli che ci sono, però, sono sempre di più. E sono sempre più consapevoli di quale storia stiamo raccontando. Gli interventi di Andrea Zanoncelli, William Roguelon, Alessandra Ballerini sono squarci di verità in un oceano di scemenze.

Perché questo ci hanno lasciato le sentenze: la verità. La verità va molto oltre il non avere avuto giustizia. Da piccoli ci insegnavano che le bugie hanno le gambe corte. La verità, allo stesso modo, ha le gambe lunghissime.

In questa giornata per la prima volta abbiamo avuto la sensazione netta che prima o dopo i nodi dovranno venire al pettine. Andy e Andrej sono stati uccisi da una intera brigata di un esercito regolare su ordine del suo comandante. È una cosa troppo grossa per essere ignorata. A lungo. Potranno evitare il discorso, lanciare la palla in tribuna. Per un po’. Ma arriverà il giorno in cui questo nodo dovrà essere affrontato. E noi saremo lì. 

Da questa cosa passa non solo il nostro essere democratici, ma il nostro essere umani. Pensate a Gaza, e ai giornalisti che muoiono lì. Abbiamo l’occasione storica per decretare che nemmeno in guerra si spara sui giornalisti. E non la perderemo.