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Processo d’appello: quarta udienza

L’udienza è stata dedicata alle arringhe della difesa.

Difesa del responsabile civile – stato ucraino, avvocato Bertolini Clerici:

A suo parere la ricostruzione dei fatti proposta dalla procuratrice generale è andata oltre la sentenza con argomenti di fantasia; sussiste il difetto di giurisdizione territoriale perché il danno è avvenuto in Ucraina; l’articolo di Ilaria Morani, che è stato usato nelle indagini per individuare l’imputato, non é attendibile (è stato scritto in un bar).

Non è vero, inoltre, sempre a suo dire,  che le forze armate ucraine compivano violazioni dei diritti umani come documentato da Andy Rocchelli, da molti giornalisti presenti in loco e da Human Rights Watch. Infatti il dossier di HRW parla sì di un bombardamento ucraino all’ospedale psichiatrico di Semenovka, ma i pazienti erano tutti rifugiati nel seminterrato. Quindi non si è fatto male proprio nessuno. E comunque lo stato ucraino usava le armi più per legittima difesa e per difendere le cose senza danneggiare le persone. Difesa dell’imputato, avvocato Rapetti:

A suo parere William è un testimone inattendibile, un ragazzo che non sa distinguere tra kalashnikov e bombe di mortaio (pur essendosi trovato sotto attacco), sicuramente traumatizzato dall’evento. Sloviansk e il Donbass erano zone di guerra e Andy ed Andrey vi si sono recati incoscientemente. L’esame autoptico del corpo di Andy ha confermato il decesso da schegge, ma non è palese il nesso tra queste e i colpi di mortaio. Tesi del fuoco incrociato.

La corte di Pavia è in ultima analisi grossolana e non scientifica, non sa la fisica e la matematica.

Difesa dell’imputato, avvocato Della Valle:

L’avvocato ha menzionato come il suo intervento fosse fondamentale per dissipare i “rumors” e le voci di corridoio che influenzerebbero la corte e l’opinione pubblica alludendo ad un clima di complotto: la presidente della corte ha dichiarato che questa è un’offesa per il tribunale di Milano e per la magistratura italiana e ha ingiunto a D.V. di terminare l’arringa in serata. L’arringa di sei ore si può riassumere in: la sentenza di Pavia non è valida perché guidata da pregiudizi, informazioni sommarie, dai problemi di coscienza e carriera del procuratore Zanoncelli, da fake news e fonti aperte (Google Earth etc).

Per contenere la pandemia è stato concesso l’ingresso a solo tre giornalisti per volta, a rotazione, e a solo un partecipante per parte civile. Il ministro dell’interno ucraino Avakov era presente in udienza. La prossima udienza avrà luogo il 3 novembre.

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Una questione diversa

L’autorità giudiziaria non deve prendere le parti di nessuno e le questioni geopolitiche del conflitto russo-ucraino debbono restare fuori dall’aula di tribunale. E’ stato questo uno dei punti cardine affermati con forza dalla procuratrice generale Nunzia Ciaravolo durante la sua requisitoria nel corso dell’udienza del 15 ottobre al processo d’appello per l’omicidio di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov.

Nel corso di queste settimane, come durante le fasi più calde del dibattimento in primo grado, abbiamo assistito a tutto il repertorio delle possibili intromissioni della politica nel territorio della giustizia. Senatori in divisa in prima fila alle udienze. Email o telefonate volte a forzare la mano alla corte. Manifestazioni di piazza. Documentari a tesi. Addirittura non dimenticheremo mai l’intervento a gamba tesa del Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, quando a colloquio con Giuseppe Conte esortò il premier italiano a intervenire per la liberazione di Vitaly Markiv, all’epoca già condannato a 24 anni in primo grado.

Noi non pensiamo affatto che questa sia una questione privata, la vicenda di un Milton dei nostri giorni con la storia sullo sfondo. L’assassinio di Andy è una questione pubblica, lo sappiamo e lo abbiamo ribadito più volte. Ha a che fare con i diritti umani, con il diritto internazionale, con il nostro diritto di conoscere i fatti che accadono sui teatri di guerra. Ha quindi intrinsecamente a che fare con la tutela di chiunque in guerra ci si trovi suo malgrado, ovvero necessariamente di civili. Anche dei civili ucraini, i civili del Donbass. Ha dunque conseguenze politiche. Ma non è e non dev’essere un processo politico.

Sono avvelenatori di pozzi quelli che dipingono questa vicenda giudiziaria come uno scontro tra tifoserie. Sono tristemente in malafede quelli che vogliono liberare Markiv per segnare un punto a favore della squadra nazionalista ucraina. Stanno sbagliando partita. Non stiamo guardando Ucraina-Russia. Stiamo lottando perché il diritto e la tutela dei civili siano riaffermati e difesi ovunque, proprio nelle situazioni critiche in cui è più facile che una catena di comando prenda la decisione sbagliata e porti a gesti atroci, come l’uccisione deliberata di giornalisti disarmati. Non è una questione privata. E’ una questione diversa. Non si tratta degli uni contro gli altri. Nemici. Si tratta di proteggere le persone. Tutte le persone. Come quelle che raccontava Andy con le sue fotografie. Le persone del Donbass. Al tempo dei primi vagiti dell’Europa che verrà, aiutateci a difendere il primato della giustizia su una politica di barricate.