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Dopo la sentenza d’appello: la posizione ufficiale delle Volpi Scapigliate

A una settimana dalla sentenza di assoluzione per Vitaly Markiv pronunciata dal Tribunale di Milano al termine del processo d’appello per l’uccisione di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov, sentiamo il bisogno come Volpi Scapigliate di affermare la nostra posizione e i nostri intenti in modo inequivoco, a beneficio di tutti.
Il nostro obiettivo è sempre stato e rimane quello di ottenere verità e giustizia per Andy e la sua famiglia, con la consapevolezza che si tratta di una tra tante vicende nel contesto di diritti umani non adeguatamente protetti, libertà di stampa non sufficientemente garantita e diritto all’informazione negato, nel contesto ancora più ampio di conflitti civili localizzati, sanguinosi e deregolamentati che stanno caratterizzando il troppo lungo passaggio di consegne tra ventesimo e ventunesimo secolo.
Il nostro obiettivo non è prendere le parti di qualcuno, o farla pagare a qualcun altro. Nel tempo ci siamo spesi in difesa delle istituzioni e continueremo a farlo, cercando di porre rimedio e riparo da chi le attacca con spallate più o meno irricevibili.
Siamo convinti che la ricostruzione dei fatti realizzata dalla Procura di Pavia sia robusta, strutturata e credibile: lo dicono le carte del processo in primo grado, che peraltro abbiamo seguito di persona. Questa ricostruzione costituisce un passo da gigante verso la verità, che nessuno ci toglierà. Siamo altresì coscienti del fatto che in assenza di elementi quali la famosa pistola fumante una giuria possa decidere che tutto questo non basti a pronunciare un verdetto di colpevolezza. Per questa ragione attendiamo con ansia le motivazioni della sentenza, perchè dal punto di vista della constatazione della verità, di quello che accadde, questo farà tutta la differenza del mondo. Insufficienza di prove? Oppure non abbiamo idea di chi sia stato?
Poi c’è la giustizia. Sappiamo che l’esercito ucraino effettuò un tiro al bersaglio a colpi di mortaio durato mezz’ora o forse di più e terminato soltanto dopo l’eliminazione fisica dei giornalisti Andy e Andrej. Questo è quanto. Questo fatto, a prescindere dal verdetto e dalla posizione specifica di Markiv, che ci interessa relativamente, ha pesanti implicazioni a livello di diritto internazionale. Crediamo che, ove ci fosse una assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni alle spalle di quell’esercito, o anche solo una presa di coscienza formale da parte della Comunità Europea in senso lato, ne deriverebbero ripercussioni positive per i giornalisti, per i civili, per le vittime di queste guerre necessariamente sporche e non convenzionali.
Quindi andremo avanti, in ogni caso. Le motivazioni della sentenza determineranno in parte le nostre mosse, ma non la nostra strategia. Faremo ciò che sarà necessario per attestare o puntualizzare più in dettaglio la verità dei fatti. Faremo ciò che sarà possibile per dare risalto e creare consapevolezza attorno alla vicenda, perchè la vera giustizia starà sempre e comunque nel portare le istituzioni a regolamentare e difendere ciò che oggi è in balia degli eventi, anche nella civilissima Europa: il diritto di essere informati e l’incolumità dei giornalisti, specialmente in quei frangenti di conflitto intestino in cui per uno Stato è più complicato applicare le proprie leggi.
Un ultimo pensiero per sottolineare quel che è accaduto durante questo processo. Telefonate minatorie, email per forzare la mano alla corte, senatori in divisa in aula, tentativi di persuasione addirittura nei confronti del Presidente del Consiglio italiano, e ancora cori da camerata in tribunale e twit di ringraziamento da parte del Presidente dell’Ucraina Zelensky alla “squadra” che ha permesso la liberazione di Markiv, dopo la sentenza. Vogliamo che sia chiaro che queste porcherie noi non possiamo accettarle. Pensiamo ad esempio a certi giornalisti o politici italiani che si sentiranno dire grazie da questi signori: fate un bell’esame di coscienza e chiedetevi in che razza di squadra avete scelto di giocare.
Noi siamo diversi. Noi andiamo avanti. Con la fiducia nelle nostre istituzioni e la convinzione feroce di poter costruire un mondo migliore di così. E se non fosse chiaro: noi siamo molto più determinati di prima.

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Processo d’appello: quarta udienza

L’udienza è stata dedicata alle arringhe della difesa.

Difesa del responsabile civile – stato ucraino, avvocato Bertolini Clerici:

A suo parere la ricostruzione dei fatti proposta dalla procuratrice generale è andata oltre la sentenza con argomenti di fantasia; sussiste il difetto di giurisdizione territoriale perché il danno è avvenuto in Ucraina; l’articolo di Ilaria Morani, che è stato usato nelle indagini per individuare l’imputato, non é attendibile (è stato scritto in un bar).

Non è vero, inoltre, sempre a suo dire,  che le forze armate ucraine compivano violazioni dei diritti umani come documentato da Andy Rocchelli, da molti giornalisti presenti in loco e da Human Rights Watch. Infatti il dossier di HRW parla sì di un bombardamento ucraino all’ospedale psichiatrico di Semenovka, ma i pazienti erano tutti rifugiati nel seminterrato. Quindi non si è fatto male proprio nessuno. E comunque lo stato ucraino usava le armi più per legittima difesa e per difendere le cose senza danneggiare le persone. Difesa dell’imputato, avvocato Rapetti:

A suo parere William è un testimone inattendibile, un ragazzo che non sa distinguere tra kalashnikov e bombe di mortaio (pur essendosi trovato sotto attacco), sicuramente traumatizzato dall’evento. Sloviansk e il Donbass erano zone di guerra e Andy ed Andrey vi si sono recati incoscientemente. L’esame autoptico del corpo di Andy ha confermato il decesso da schegge, ma non è palese il nesso tra queste e i colpi di mortaio. Tesi del fuoco incrociato.

La corte di Pavia è in ultima analisi grossolana e non scientifica, non sa la fisica e la matematica.

Difesa dell’imputato, avvocato Della Valle:

L’avvocato ha menzionato come il suo intervento fosse fondamentale per dissipare i “rumors” e le voci di corridoio che influenzerebbero la corte e l’opinione pubblica alludendo ad un clima di complotto: la presidente della corte ha dichiarato che questa è un’offesa per il tribunale di Milano e per la magistratura italiana e ha ingiunto a D.V. di terminare l’arringa in serata. L’arringa di sei ore si può riassumere in: la sentenza di Pavia non è valida perché guidata da pregiudizi, informazioni sommarie, dai problemi di coscienza e carriera del procuratore Zanoncelli, da fake news e fonti aperte (Google Earth etc).

Per contenere la pandemia è stato concesso l’ingresso a solo tre giornalisti per volta, a rotazione, e a solo un partecipante per parte civile. Il ministro dell’interno ucraino Avakov era presente in udienza. La prossima udienza avrà luogo il 3 novembre.